Ebbene sì, esiste una economia del razzismo, ed è anche una cattiva economia. Lo ha rivelato l’Advanced Workforce Equity Report, una recente ricerca su dati Burning Glass, che partendo come sempre dalle ricerche di lavoro è arrivata ad alcune considerazioni davvero interessanti.
I dati sono stati raccolti a Boston Chicago, Dallas, San Francisco e Seattle, e la loro analisi ha dimostrato quanto le sfide del mercato del lavoro siano intimamente connesse con lo sviluppo economico dell’intera società, la criminalità, i trasporti e la situazione dell’infanzia.
Lo studio rivela come la disuguaglianza razziale nell’occupazione rappresenti un ostacolo alla crescita economica del territorio: si parla di un mancato prodotto interno lordo che si colloca in un range fra i 33 miliardi di dollari a Seattle fino ai 348 miliardi nell’area di San Francisco.
La disuguaglianza è prima di tutto disuguaglianza di opportunità: i lavoratori neri di Dallas rappresentano solo il 18% della forza lavoro cittadina, ma ben il 48% lavorano nelle fasce più basse delle occupazioni sanitarie, mentre solo il 12% occupa posti legati al management, alla digitalizzazione o alla matematica.
In tutte le zone prese in considerazioni le comunità definite come etniche, dai neri ai latini, sono sempre sovrarappresentate nei lavori di scarsa qualità, rischiando di perdere lavoro a causa dell’automazione e della digitalizzazione.
“Se i lavoratori del paese, specialmente nelle comunità nere o latine, continuano a dover affrontare barriere all’ingresso dei lavori di qualità, sarà difficile sistemare queste disuguaglianze” ha dichiarato Monique Baptiste, vicepresidente per la filantropia globale alle JPMorgan Chase, che ha cofirmato la ricerca “E saranno proprio i dati e le idee che deriveranno dalla loro analisi a colmare il divario, definendo un’economia più inclusiva”.
Perché se l’economia del razzismo non funziona, possono funzionare gli investimenti nella formazione di una forza lavoro più preparata, in grado di affrontare le sfide della digitalizzazione e dell’automazione, aumentando le skill individuali e investendo in programmi di addestramento capaci di rimuovere le barriere all’ingresso dei lavori di qualità che hanno finora frenato le possibilità di impiego.
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